L'ARTICOLO di Martin Wolf uscito pochi giorni fa sul "Financial Times"
(il 24 aprile) è a dir poco sensazionale. Gli si desse retta, il solo
titolo — "Spogliare le banche private del potere di creare denaro" —
basterebbe per mandare in soffitta le teorie, le istituzioni e le
politiche economiche che prima hanno causato la crisi, poi l'hanno
aggravata con le politiche di austerità. Non si vuol dire che di per sé
l'articolo di Wolf arrivi a svelare delle novità fino ad oggi
inimmaginabili. Da anni vari

gruppi di studiosi e associazioni in Usa
come in Europa sostengono che se non si limita il potere delle banche
private di creare denaro dal nulla la prossima crisi potrebbe essere
anche più devastante della precedente. Il fatto nuovo è che a dirlo è il
maggior quotidiano economico del mondo, da sempre pilastro (bisogna
ammetterlo: con dosi di pensiero critico che di rado si ritrovano nei
suoi confratelli) della cultura economica neoliberale. I chiodi su cui
batte Martin Wolf sono tre. Il primo è che la stragrande maggioranza
del denaro in circolo viene creato dal nulla — perché lo stato glielo
consente — dalle banche private nel momento in cui concedono prestiti,
accreditando l'ammontare sul deposito del richiedente. Quando Mr. Jones
o la Sig. ra Bianchi si vedono accreditare 100.000 sterline o euro sul
proprio conto di deposito, grazie ai quali stipuleranno un mutuo, non
un solo euro è stato tolto da altri depositi o dal capitale della
banca. La somma è stata creata da un contabile con pochi tocchi sulla
tastiera. Specifica Wolf: "Le banche creano depositi come sottoprodotto
dei prestiti che concedono." Sarà un caso, ma forse non lo è affatto,
che l'articolo di Wolf sia stato preceduto a marzo da una pubblicazione
della Banca d'Inghilterra la quale ripete una decina di volte in poche
pagine che sì, sono proprio le banche private la fonte maggiore della
creazione di denaro. Tanto per cominciare: "In pratica la creazione di
denaro differisce da vari malintesi popolari: le banche non agiscono
semplicemente da intermediari, dando in prestito i depositi effettuati
presso di loro… Ogni qualvolta una banca fa un prestito, crea
simultaneamente un corrispondente deposito sul conto del mutuatario,
creando in tal modo nuovo denaro." (Bank of England, "Quarterly
Bulletin", n. 1, 2014). C'è da sperare che gli economisti ortodossi i
quali insegnano ancora ai loro studenti che le banche possono prestare
soltanto il denaro che tengono in cassa, mostrando così di ignorare nel
loro insegnamento il ruolo fondamentale che svolge nel sistema
economico la creazione privata di denaro, trovino modo di dare una
scorsa, oltre che all'articolo in parola, pure al bollettino della BoE.
Il secondo chiodo su cui batte Wolf è il pesante ruolo negativo che
la suddetta creazione di denaro svolge a danno dell'intera economia.
"Il nostro sistema finanziario è palesemente instabile perché lo stato
prima gli ha concesso di creare quasi tutto il denaro che circola
nell'economia, poi si è visto costretto a sostenerlo nello svolgimento
di tale funzione. Questo è un buco gigantesco nel cuore delle nostre
economie di mercato." L'autore avrebbe potuto aggiungere che oltre ai
trilioni di dollari, sterline ed euro creati dal nulla dalle banche
sotto forma di depositi, circolano nel mondo, al di fuori delle
piattaforme regolamentate, centinaia di trilioni di derivati dalle
innumeri denominazioni (ABCP, ABS, CDO, CLO, CDS, MBS…), pure essi
creati dalle banche private. Poiché questi titoli hanno un valore di
mercato, ciascuno può venire istantaneamente commutato in denaro
contante, oppure versato come collaterale per garantire un prestito, o
altro. Grosso modo, si tratta di una massa di denaro potenziale —
potenziale, va notato, come la nitroglicerina — che gira per il mondo in
quantità decine di volte superiori alle transazioni aventi per oggetto
beni o servizi reali. Infine c'è la fondamentale proposta
dell'autore, che va ben al di là di quanto sintetizzato nel titolo. Il
potere di creare denaro dovrebbe essere riservato esclusivamente allo
stato. La funzione delle banche dovrebbe venire circoscritta alla
intermediazione tra risparmiatori e investitori o mutuatari, alla
effettuazione dei flussi di pagamento, e alla custodia dei depositi.
Per appoggiare la sua proposta, che rientra nel quadro delle riforme le
quali postulano un'attività delle banche "ristretta" o "limitata",
Wolf si richiama brevemente a studi degli anni 30 quale l'illustre
Piano di Chicago. Esso prevedeva che una banca dovrebbe sempre disporre
del 100 per cento di riserve per ogni soldo che ha in deposito e che
presta a qualcuno, il che porrebbe definitivamente fine al suo potere
di creare denaro dal nulla. Un piano rivisitato di recente da
ricercatori del Fmi, i quali arrivano a concludere che esso potrebbe
funzionare bene anche oggi. Agli oppositori i quali temono che in questo
modo rischierebbe di sparire il credito alle imprese, l'autore ricorda
che le banche finanziano l'investimento produttivo in misura pari appena
al 10 per cento dei loro prestiti. Questo articolo proveniente da una
fonte quale il "Financial Times" vale a ricordare ai governi Ue,
compreso il nostro, che una riforma finanziaria la quale in qualche modo
riduca drasticamente il potere delle banche private di creare denaro è
la maggiore riforma politica di cui essi dovrebbero occuparsi per
salvare l'Unione e i propri stessi paesi. Non importa se oggi questi
appaiano far parte del gruppo dei più forti, oppure di quello dei più
deboli. Al confronto le riforme bancarie di cui si parla nella
Commissione (il rapporto Liikanen), nell'Ecofin (l'Unione Bancaria), in
alcuni parlamenti (Regno Unito, Francia, Germania), sono acqua fresca.
Soltanto una forte riduzione del potere "creativo" delle banche può
fare uscire i governi Ue dal ruolo di burattini del potere finanziario
che attualmente svolgono. Salvo che, naturalmente, in tale ruolo ci si
trovino bene, per scelta o per incompetenza. Al riguardo, è ancora
Martin Wolf che avverte: "Quando arriva la prossima crisi — e di sicuro
arriverà — abbiamo bisogno di essere pronti."
Luciano Gallino
© La Repubblica, 11 maggio 2014
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/05/11/il-danno-del-denaro-creato-dalle-banche23.html